Parrocchie
della Vergine
Parrocchie della Vergine

Cantoria Interparrocchiale

L’importanza e il senso del servizio dei coristi nella Chiesa e del grande rapporto tra Liturgia e Musica

Belle e interessanti meditazioni prese da vari testi di due grandi Padri della Chiesa: S. Agostino e S. Ambrogio

 

Come nasce il bisogno di cantare. Quando abbiamo dentro qualcosa come dei sentimenti forti, che non sappiamo esprimere perché non abbiamo le parole giuste, ma che non vogliamo tacere, allora, il canto nasce per questo bisogno-urgenza che sentiamo dentro del dover dire (quello) che non sappiamo articolare con un linguaggio molto chiaro, si potrebbe chiamare canto di giubilo. Nel salmo: “Cantate a Lui un canto nuovo, cantate a Lui con arpe” vuol proprio dire cantare con questo desiderio di potergli comunicare quello che non gli sappiamo dire, ma che non possiamo tacere: il bene che Gli vogliamo. Cantare con arpe nel giubilo significa comprendere e non saper spiegare a parole quello che si canta con il cuore, come i mietitori mentre lavorano, hanno un piacere suscitato dal canto simile all’abbraccio del creato.

“Ma quando canti cosa non trovi?”. Quando si canta o si fa musica si trova tutto, se si cerca qualcosa per la propria fede, per la propria vita, la si trova nel canto, cosa c’è di più bello e dolce che cantare al nostro Dio? È un linguaggio universale è un modo per farsi capire e comunicare con tutti, è un essere credenti in modo gioioso, una confessione di fede lieta, canora; non è una confessione di fede pesante, dei pensieri, delle dottrine, dei comandamenti, dei precetti, dei concetti, ma è canora, musicale quindi è pura gioia per essere liberi, come un grido di felicità, un suono di letizia. Il canto rende miti nell’ira, solleva dalla malinconia, è immagine di serenità, un anticipo di pace e di fraternità, infatti, da mille voci conduce ad una unica melodia, come un coro.

Mentre si canta per piacere e con gioia allo stesso tempo impariamo grandi cose: la dottrina, cioè le cose difficili e pesanti, con la grazia, cioè la dolcezza delle note musicali, che si incrociano fra loro e giocano per creare un linguaggio di comunione. Nelle cantorie uno deve sentire, ascoltare la voce e il suono dell’altro, altrimenti si stona, ma una voce non è uguale a quella dell’altra voce, per cui è solidarietà, unità e, nella differenza il canto mette insieme le differenze e le fa diventare bellezza – questa è Chiesa: ascolto dell’altro, non c’è parola senza ascolto, vita di fraternità. Le pause di cui è fatta la musica, sono importanti segni di non precipitazioni, di non impazienza, perché se non c’è pausa non c’è ritmo. Se non c’è l’ascolto non c’è l’armonia che fa andare in profondità, e la pausa permette di dare il ritmo, ma significa anche aspettare l’altro suono; è come aspettare l’altra persona, l’altra vita, la verità che viene dall’alto, il suono di Dio. Il canto permette di fare l’esperienza più grande per un credente, allora dobbiamo domandarci: “Chi è il cantore? Chi è uno che fa musica?” Senz’altro sono artisti, non per uno spettacolo davanti al mondo, come è di moda al giorno d’oggi, ma davanti a Dio.  Dio desidera che davanti a Lui non siamo degli artisti, perché se si canta il motivo è che il mistero di Dio, la sua grandezza ha lasciato una impressione sulla nostra vita.  È la gloria di Dio: la sua forza piena d’amore che non lascia mai indifferenti e in questo modo il canto aiuta le persone ad essere più sensibili.

Il servizio del cantore è: dedicarsi con arte a stimolare il popolo alla preghiera, quindi nella comunità, nell’assemblea sono coloro in grado con il canto e la musica di perforare l’indifferenza, alla risposta. Quando c’è una bella musica o un bel canto nella liturgia, le persone diventano più emotivi quindi è vinta la differenza, si è creata una breccia nell’indifferenza: i cantori fanno sì che l’assemblea reagisca, sia reattiva, non sia passiva, contribuisce a risvegliare ciò che ciascuna persona che viene in Chiesa custodisce nel segreto. Ma se la stessa assemblea contiene una disponibilità alla risposta, il senso del canto è che tutti cantino ispirati, stimolati dai cantori. La liturgia ha bisogno del cantore perché l’assemblea liturgica è spesso come il cosmo che è pieno della gloria di Dio ma non fa udire la sua voce, il canto si fa voce della gloria di Dio. La musica permette alle persone di protendersi, uscire da sé e tendere verso l’alto, cioè verso Dio. Musica e canto sono davvero linguaggi che tengono viva la relazione con il mistero, perché sono esperienze che scuotono e che spingono l’uomo all’incontro.  Chi canta non sempre ha una conoscenza didattica ottenute dopo cicli di studio presso conservatori o scuole specifiche musicali, ma ha nel cuore la voglia di esprimere il suo amore per Dio attraverso il carisma della voce, un estimatore di un’arte che vuole portare ai fratelli.

Non ci si deve sentire inappropriati, paurosi di sembrare non ben intonati, armonici, melodiosi, agli orecchi di chi ascolta, allora davanti a Dio dovremmo immaginarci sempre in grande difficoltà quotidianamente.